VINNATUR 2013. Villa Favorita di Sarego (VI).
Un bel modo per celebrare il decennale dell’evento VINNATUR è stato quello di proporre una degustazione di 10 vini da ricordare. La degustazione di lunedì 8 aprile è stata guidata da Andrea Ugolotti (www.andreaugolotti.it) che ha voluto raccogliere le impressioni di un’esperienza da condividere. 10 vini dai 10 ai 14 anni. Vini non tutti facili da interpretare. Vini, alcuni dei quali, di certo fuori dagli schemi “classici” della degustazione.
Si è cominciato con sei bianchi. Eccoli.
1. Casa Caterina, Brut Especial 2000
La presenza della famiglia Del Bono a Monticelli Brusati è documentata nei regesti notarili dell’abbazia olivetana di Rodengo Saiano fin dal XII secolo. Quella di Aurelio ed Emilio Del Bono è un’azienda in Franciacorta con sette ettari e 20.000 bottiglie prodotte seguendo la pratica della biodinamica. Per scelta i titolari hanno rinunciato alla DOCG andando così per la loro strada lasciando ai lieviti e al tempo quei risultati straordinari che si vedono, ma soprattutto che si degustano. Il Brut Nature, senza quindi Liqueur d’expedition, sboccato nel 2012, è di estrema freschezza, ma anche di grande eleganza, di grande equilibrio ed armonia. Ampio il ventaglio sensoriale, setoso al palato, avvolgente, appagante di lunga persistenza. Impressionante il fruttato. Un’esperienza davvero da ricordare.
2. Camillo Donati, Malvasia 2003
L’azienda è nata nel 1930 con nonno Orlando in quel di Arola di Barbiano di Felino (PR) nel luogo chiamato “Groppone” per la pendenza del terreno. L’azienda è complessivamente di 11 ha tra proprietà (7 ha) ed affitto (4 ha) e i vigneti più rappresentativi sono la Malvasia aromatica di Candia, il Moscato giallo, il Sauvignon, il Barbera e il Lambrusco Maestri, più altre piccole rappresentanze di Trebbiano, Pinot bianco e i bordolesi Merlot, Cabernet franc: tutto in purezza.
Quelle che degustiamo sono le ultime tre bottiglie rimaste dell’annata 2003. La Malvasia di Candia è il vitigno aromatico per eccellenza; e lo si sente esplodere in bocca. Più rimane nel bicchiere più si sfoglia un libro di sentori fruttati. Il 2003 è stata un’annata calda che veniva profetizzata come responsabile di un vino che non avrebbe superato i 5 anni di vita. Oggi, con piacere, possiamo smentire i “falsi profeti”. La piccola ossidazione che si potrebbe avvertire non va confusa col difetto dei manuali di certe somelleries a volte un po’ supponenti, ma con le condizioni climatiche dell’annata che hanno permesso una forte concentrazione dei componenti dell’uva.
3. Sassaia 1999
L’azienda è la Biancara di Angiolino Mauline di Gambellara dove l’autoctona Garganega regna sovrana. Nel nostro caso é coltivata nelle zone di Biancara, (in prossimità della cantina), nonché a Faldeo, Monte di Mezzo e Taibane, tutte locate intorno ai 250 m.s.l.m. che danno uve selezionate per il Sassaia e il Pico. L’azienda produce altresì uve Merlot in località Coste e Grenache sui colli di Sossano, a sud di Vicenza.
Il vino quattordicenne in degustazione proviene da un’annata siccitosa; la macerazione sulle bucce è stata limitatissima perché l’uva era già ricca di suo per le condizioni climatiche. E’ un garganega 85% con 15% di trebbiano, un vino che viene illustrato dal titolare, con la passione che lo caratterizza. L’ ossidazione che si avverte – dice Angiolino – va interpretata non certo come un difetto, ma come carattere particolare. Assieme al vino si beve l’umanità di chi lo ha prodotto. Il ventaglio sensoriale è ampio e vale la pena di aspettare che il vino nel bicchiere si apra con pazienza.
4.Notti di Luna 2002
L’azienda produttrice è la Ca de Noci a Puianello di Quattro Castella (RE) ai piedi dell’Appennino reggiano, terra di grandi prodotti enogastronomici. La produzione vinaria dell’azienda è biologica dal 1993; vitigni piantati negli anni ’70 del novecento e rinnovati da Alberto e Giovanni. Ca de Noci, nomen omen, è terra di boschi dell’ omonima pianta. I vigneti dell’azienda (5 ha) sono in collina su terreno sassoso-limoso e vengono tenuti con resa/ha piuttosto bassa. Il vino che degustiamo è un blend di moscato, spergola e di quella malvasia aromatica di Candia, che si sprigiona vigorosa in bocca, frutto di una macerazione sulle bucce condotta in legno alla quale segue un lungo affinamento sui lieviti indigeni pure in legno ed un finale in bottiglia. L’annata è una delle più significative. In bocca si avverte una grande freschezza e i sentori di frutta matura come l’albicocca.
5. Skeveldra 2003, 13%
L’annata 2003 è stata una delle più calde degli ultimi decenni. Il Sancerre (Sauvignon blanc) della Loira di Sebastian Riffault dell’Association des vins naturels, è un vino biodinamico a vendemmia tardiva, con raccolta a mano e resa molto bassa; fermentazione con lieviti indigeni che operano in legno “ampio e vecchio”. Il vino subisce la malolattica per ammorbidirlo quant’è possibile senza troppa manipolazione fisica. Il terreno è calcareo con grande mineralità che ben si trasmette al vino. Ampio il ventaglio dei sentori sia al naso che in bocca. Grande sapidità, ottimo per un abbinamento con le ostriche.
6. Sialis Pinot grigio 2002
L’azienda Terpin Franco è locata a Monte Calvario, Colline di San Floriano del Collio goriziano, terra di grandi vini dove il Pinot grigio ha trovato l’habitat ideale su terreni marnosi e di arenaria. Le uve deraspate subiscono una macerazione con fermentazione in tini di rovere di slavonia per alcuni giorni. Lo standard della vinificazione del nostro vino è di 12 mesi in barrique, 12 mesi in acciaio e un anno in bottiglia, ma si può, come nel nostro caso, andare ben oltre. Il colore del vino è stupendamente ambrato; al naso di grande finezza e potenza con sentori di zenzero e frutta colorata. Ottima la maturazione dell’uva. Al naso, é facile con turbinati non allenati, confondere la leggera ossidazione con la concentrazione della materia prima, con uve selezionatissime, quasi in modo maniacale. Viene definito dal produttore a mo’ di provocazione: “Vino estremo”.
Dopo una pausa ai bianchi seguono quattro vini rossi
1. Barolo Boscareto 1997
Il vino è il fiore all’occhiello dell’azienda di Ferdinando Principiano, un vino che nell’evoluzione non ha fretta. Le intenzioni sono di non commercializzarlo prima di 7-8 anni dalla vendemmia, ma il nostro caso supera di gran lungo le previsioni. Il colore granato è di grande coinvolgimento. Al naso cattura l’intensità che merita una concentrazione per poter interpretare l’evoluzione. Importante la percezione del goudron; i tannini pur ben percettibili, sono tuttavia equilibrati per abbracciarsi armonicamente con la morbidezza.
2. Barbera d’Asti 2001
La Cascina Tavjin di Scurzolengo (AT) è della famiglia Verrua dal 1908. Oggi con una produzione di circa 25.000 bottiglie/anno siamo alla quarta generazione di vignaioli con Nadia e le sorelle Daniela e Luigina affiancate dall’esperienza del papà Ottavio. Da qualche anno l’azienda pratica la vitivinicoltura biologica. La fermentazione avviene con i soli lieviti indigeni; nessuna filtrazione né chiarificazione; 3 o 4 i travasi di media e la stabilizzazione avviene naturalmente in botte. L’annata in degustazione è una di quelle da ricordare. Grazie alla combinazione del terreno adatto e del clima caldo si è ottenuta una perfetta maturazione dell’uva che ha permesso di ottenere un vino. “di grande nerbo”.
3. Chianti Colli Senesi 1998,
L’Azienda agricola Pàcina si trova nella località omonima in quel di Castelnuovo Berardenga (SI) con 10,3 ha vitati con resa sui 50 q/ha. La tenuta è di proprietà della famiglia Tiezzi dai primi del secolo scorso e attualmente viene gestita da Giovanna Tiezzi col marito Stefano Borsa. Il vino riposa in cantine di tufo scavate nella notte dei tempi. Introduce il vino proprio Stefano, con pedigree di ambientalista di lungo corso. Il ’98 è stata un’annata particolare con 8.000 bottiglie rispetto alle consuete 20.000. Il vino in degustazione è quello di un’altra epoca quando il caldo picchiava meno e la vendemmia differiva di almeno un mese rispetto all’attuale a metà agosto. Il vino (95% sangiovese più ciliegiolo e cannaiolo) presenta una grande freschezza che ben onora il tempo trascorso. Il terreno è tufaceo, sabbioso con argilla e ciottoli, che trasmettono una grande mineralità attraverso l’umidità che viene catturata per capillarità. La zona è ventilata e asciutta. Che altro di più? La fermentazione è spontanea, senza controllo termico in vasche di cemento dove avviene anche la malolattica. Il vino trascorre poi vari mesi in tonneaux e botti Allier di capacità compresa tra i 17 e i 25 hl, per poi passare l’inverno in acciaio per la stabilizzazione e a seguire l’ imbottigliamento, senza filtrazione, e il riposo per vari mesi. Un vino che può durare decenni e in ogni caso devono trascorrere almeno dieci anni per essere apprezzato al modo giusto. La prova l’abbiamo nel nostro calice. I risultati si avvertono con la morbidezza accarezzata dai tannini, il grande equilibrio e l’effetto finale della perfetta armonia.
4. Vecchio Samperi Trentennale.
“Vecchio Samperi”, una gloria delle Cantine Marco de Bortoli, un marsala fuori programma, ottenuto da uve Grillo in purezza con il metodo Soleras da vini pluridecennali che danno un prodotto unico e inimitabile. E’ questo uno dei vini migliori per rappresentare l’Italia nel mondo. Un vino secco, pulito, che Andrea ricorda di aver proposto in Francia, in abbinamento con un rombo dell’Atlantico con speziatura Masala.
E’ stato davvero un piacere incontrare vini mitici. Ci rivedremo di certo anche al prossimo VinNatur.