Principato di Lucedio è una splendida Abbazia cistercense, situata in provincia di Vercelli, che ha una storia lunga nove secoli ed è attualmente inserita all’interno di una azienda agricola che si sviluppa su una superficie di cinquecento ettari, all’interno di un parco regionale.
Fu fondata nel 1123 dai monaci Cistercensi, grazie ad una donazione da parte di Ranieri, marchese di Monferrato, con i cugini Ardizzone e Bernardo, di alcuni beni, tra cui l’area su cui sorge il cenobio, al “Monasterio Sanctae Dei Genitricis et Virginis Mariae sito in loco Lucedii”. In seguito a importanti donazioni nell’area del vercellese e anche in territori più lontani, come il Pavese, l’Eporediese, il Torinese e la Valle di Susa, e grazie alla strategica posizione geografica lungo la Via Francigena, il monastero acquisì una posizione rilevante e divenne un fiorente centro di potere economico e politico.
Dopo un periodo di decadenza, verso la fine del Settecento quello che ora si chiama principato di Lucedio smise di essere un’abbazia: nel 1784, infatti, la realtà di Lucedio fu secolarizzata e divenne motivo di scontro tra casate dinastiche italiane: passata dai Gonzaga ai Savoia, l’Abbazia divenne proprietà del cognato di Napoleone, il principe Camillo Borghese, come indennizzo per un quarto della collezione d’arte conservata a Villa Borghese a Roma, che fu trasportata al Louvre.
Successivamente passò al marchese Giovanni Gozzani di San Giorgio, e quindi, nel 1875, al marchese Andrea Carrega Bertolini, cui il re concesse di portare il titolo di principe di Lucedio. L’attuale denominazione di ‘Principato di Lucedio’, che appare tuttora sul portale d’ingresso della tenuta, deriva dagli avvenimenti di quel periodo.
Nel 1937 il conte Cavalli di Olivola, discendente di una figlia di Felice Carlo Gozzani, riacquistò la proprietà. La figlia, la contessa Rosetta Clara Cavalli d’Olivola Salvadori di Wiesenhoff, è l’attuale proprietaria.
La coltivazione del riso
Il paesaggio in cui oggi si trova il principato di Lucedio, grazie ai monaci cistercensi che bonificarono il territorio, è molto cambiato nel corso dei secoli.
All’inizio del XII secolo la pianura vercellese a nord del Po era in gran parte coperta da boschi, boscaglia, brughiera, terreni paludosi.
Il paesaggio era quindi molto diverso da come lo vediamo ora. I Cistercensi probabilmente al principio allevarono maiali, poi ovini, e, per questi ultimi – di cui furono allevatori su vasta scala, si diedero a creare spazi sottraendoli ai boschi e ad altri terreni inadatti al pascolo. Il riso inizialmente era probabilmente destinato a essere pianta officinale piantata nel chiostro; poi i monaci si resero conto che funzionava bene anche in campo aperto. Già all’inizio del ‘400, primi in Italia, si arrivò a coltivare a riso centinaia di ettari.
Il riso ‘Principato di Lucedio’
Oggi “Principato di Lucedio” è un’azienda che occupa oltre 500 ettari. Il complesso architettonico dell’Abbazia fa parte del Bosco delle Sorti della Partecipanza, Parco Regionale del Piemonte che protegge uno dei pochi boschi di foresta planiziale rimasti.
Il processo di produzione del riso Principato di Lucedio, a basso impatto ambientale, e il confezionamento, senza conservanti in atmosfera modificata, garantiscono ai prodotti qualità nutrizionali elevate. Fra le varietà coltivate, troviamo i risi della grande tradizione gastronomica italiana, conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo, come il Carnaroli, l’Arborio e il Vialone Nano, tipicamente impiegate per la preparazione di risotti; e varietà più moderne come ad esempio il Selenio, utilizzato per preparare il Sushi.
Visita e degustazioni
L’Abbazia di Lucedio è aperta al pubblico tutti i giorni su prenotazione. La visita comprende la Sala dei Conversi, la Sala Capitolare, il Chiostro, il Refettorio e la Galleria. Oltre alla parte medioevale, è anche possibile visitare l’Azienda Agricola di Lucedio e conoscere tutte le fasi della coltivazione e produzione del riso.
Su prenotazione per un minimo di 15 partecipanti, è possibile abbinare alla visita una degustazione dei prodotti tipici del territorio (i famosi risotti di Lucedio).
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