C’é un angolo della vecchia Padova, in una viuzza che si apre davanti al duomo (via Obizzi, 2), dove si assapora ancora il gusto della cucina di casa. Il che non é cosa comune oggigiorno, frastornati dallo spadellare televisivo e dal protagonismo straripante.
Si tratta della Trattoria dell’antica “Osteria Dal Capo” che prende il nome dal suo primo gestore (anni ’30): un ex capo tranviere, che andato in pensione volle aprire una mescita di vino e dagli anni ’50 del novecento, con la gestione della famiglia del sig. Attilio Bordin, si iniziò a servire “spunceti” per i padovani” o “cichetti” per i veneziani, e quindi poi aggiungendo qualche buon piatto locale.
Oggi é un’osteria che merita di essere conosciuta. L’ambiente é cambiato nel tempo, ma é rimasto il clima familiare della buona ospitalità. Sobrio nell’aspetto, ma di sicura efficacia gastronomica, che lascia davvero soddisfatti per qualità e prezzo. Essendo il locale piccolo, può accadere di trovarlo affollato, per cui raccomanderei la prenotazione.
Risparmio altre parole e passo subito al sodo con ciò che ho assaporato di recente. Antipasto di culatello d’oca (questo é il momento giusto) con miele, cipolla e uva; un primo di Bigoli al grano arso con ragù di salsiccia e broccoli di Creazzo; secondo: coniglio “in tecia” con uvetta, pinoli e polenta abbrustolita. A chiudere un semifreddo al torroncino con salse di marron glassé e cachi.