di Arch.ti Stefano Tosato e Antonio Draghi
Il contesto ambientale
La Saccisica è un’area territoriale storica della bassa pianura veneta, che si estende a sud-est della città di Padova e giunge a ridosso della laguna di Venezia.
Si tratta di un territorio storicamente caratterizzato dalla presenza di ampie zone paludose, lentamente conquistate all’agricoltura grazie alle bonifiche operate sin dal Medioevo dai grandi monasteri benedettini, veneziani e padovani, e successivamente, a partire dal Cinquecento, attuate anche dal patriziato veneto, che nell’acquisizione e nel miglioramento delle terre agricole investì buona parte degli ingenti capitali accumulati con i traffici marittimi.
L’assetto idraulico di questo territorio fu inoltre notevolmente condizionato dall’ultimo tratto del fiume Brenta e dai nuovi percorsi ad esso assegnati sin dal Cinquecento per allontanarne la foce dalla città di Venezia, minacciata di impaludamento dalle sue torbide.
L’insediamento sistematico del patriziato veneziano e padovano nel territorio della Saccisica, favorito anche dalla presenza del Brenta e di una fitta rete di canali navigabili che facilitavano il collegamento con le due città, nel corso dei secoli XVI-XIX portò alla realizzazione di numerosi complessi architettonici oggi classificabili sotto la denominazione di “ville venete”: in quest’area ne esistono tuttora per lo meno una sessantina.
Tra questi complessi spiccano per importanza storico-artistica la monumentale villa Garzoni situata a Pontecasale di Candiana, architettata da Jacopo Sansovino che vi realizzò anche una parte delle eleganti sculture decorative; poi la rustica villa Roberti di Brugine, dovuta ad Andrea da Valle e affrescata da Giambattista Zelotti; o ancora la notevole villa Foscarini di Pontelongo, eretta in stile palladiano e un tempo dotata di un magnifico giardino; per finire con l’ottocentesca villa Cittadella-Vigodarzere di Saonara, immersa nello splendido parco ideato da Giuseppe Jappelli.
Uno dei più importanti complessi architettonici di quest’area è però senz’altro rappresentato dallo storico palazzo Gradenigo di Piove di Sacco, situato proprio nel capoluogo della Saccisica.
Sebbene sia ubicato nel contesto del centro storico e si affacci sulla principale via cittadina, questo grande complesso è assimilabile ad una tipica villa veneta: l’imponente edificio padronale, ornato all’interno con grandiosi cicli di affreschi, è infatti affiancato da ampie adiacenze e presenta sul retro un vastissimo giardino.
La straordinaria collocazione urbana e l’eccezionale rilevanza storico-artistica del complesso di palazzo Gradenigo fa sì che esso rivesta oggi un ruolo di prim’ordine nell’ambito delle emergenze monumentali della regione Veneto.
Lo stato delle conoscenze
Le poche notizie su palazzo Gradenigo pubblicate nel Novecento sono generalmente assai modeste e poco affidabili: fanno eccezione gli scarni ma utili dati archivistici sul palazzo elencati da Alessandro Baldan in una sua ponderosa monografia sulle ville del Padovano del 1986, ed inoltre l’agile scheda, corredata di belle fotografie, dovuta a Rosanna Chinaglia e pubblicata in un volume dedicato alle ville della Saccisica nel 1998.
Soltanto una decina d’anni or sono, dopo un lungo periodo di inesorabile declino del grande complesso architettonico – dovuto alle difficoltà oggettive del proprietario di garantirne un’adeguata conservazione – l’urgenza di intervenire per la salvezza del monumento spinse a svolgere una prima seria campagna di studi per approfondirne la storia.
Queste prime indagini – consistenti in alcune apposite ricerche d’archivio e nell’osservazione diretta del complesso e dei suoi apparati decorativi: i risultati di quegli studi vennero pubblicati nell’interessante monografia di autori vari intitolata Palazzo Gradenigo, villa veneta in Piove di Sacco (2001) – se da un lato hanno fornito varie notizie sui committenti del complesso, cioè sulla famiglia Gradenigo, notoriamente tra le più cospicue dell’antico patriziato veneziano, dall’altro lato hanno lasciato sostanzialmente irrisolti i problemi di una precisa datazione e di una convincente attribuzione, ideativa e realizzativa, tanto del palazzo quanto degli affreschi: allora infatti gli autori della ricerca si limitarono ad ipotizzare che la realizzazione del complesso risalisse all’ultimo quarto del XVII secolo, suggerendo per il palazzo una possibile responsabilità progettuale del celebre architetto veneziano Baldassarre Longhena o almeno della sua scuola, e per gli affreschi la paternità di un ignoto quadraturista di provenienza emiliana: tuttavia queste ipotesi, non essendo suffragate da valide prove stilistiche e/o documentarie, costituiscono di fatto semplici congetture.