di Paolo Zatta
Dai tu la forza al cavallo?
E ne rivesti di criniera il collo?
Sei tu che lo fai saltare come una locusta?
Il suo maestoso nitrito incute timore
I suoi zoccoli scavano il piano e,
felice della propri forza,
esce incontro all’armi
Giobbe (49, 12-25)
Nel territorio della Saccisica una delle componenti principali dei piatti della ristorazione è il pesce di tutti i tipi: di laguna, di valle e di mare (branzini, orate, anguille, cefali, sarde e sardoni) e talvolta, soprattutto un tempo, quello di fiume (pescegatto, tinca, carpa, scardole e persico-trota). Non manca poi la selvaggina; per non parlare delle rane, preparate ottimamente in risotto, fritte o in umido. Accanto al pesce c’è una tradizione storica dell’ utilizzo della carne di cavallo per la preparazione di umidi, di ragù per tagliatelle, di bistecche o per il consumo come carne secca e di sfilacci. Secondo una leggenda pare che l’alimentazione con la carne di cavallo sia iniziata fra i sopravissuti dello scontro tra Odoacre e Teodorico nei pressi di Verona nell’anno 489; furono utilizzati gli animali morti in battaglia per l’alimentazione dei sopravissuti.
In Saccisica è sopravissuta la tradizione, ancora viva ai giorni nostri, di mangiare carne di cavallo soprattutto nell’area compresa tra Legnaro e Saonara.
Del cavallo non si butta via niente. Fin dal secolo scorso veniva valutato il valore economico di un cavallo come riporta la cronaca del tempo*: “Un cavallo ordinario ha circa 150 grammi di crine fra corto e lungo, rappresentante un valore di circa 20 centesimi. La pelle vale da 18 a 20 franchi. Il sangue cotto e ridotto in polvere è valutato 3 franchi. Le viscere valgono 1 franco e 80 centesimi. I tendini che servono per la confezione della colla forte pesano ordinariamente 2 chilogrammi e si vendono per franchi 1,40. Il grasso varia secondo lo stato del cavallo; si vende per franchi 1,30 al chilogrammo; se il cavallo è in buono stato può fornire 25-30 chilogrammi. I ferri e i chiodi valgono 50 centesimi. Le ossa scarnificate pesano ordinariamente da 46 a 48 chilogrammi, servono alla fabbricazione del nero animale e si vendono da franchi 2,20 a franchi 2,40. La carne s’adopera come ingrasso. Assieme dunque dà 3 a 3 ½ Napoleoni d’oro”.
*Il Raccoglitore (1865) serie II, A. III, p. 327-328.
Rispetto alla carne bovina quella di cavallo è una carne meno grassa e più ricca di glicogeno (114 kcal/100 g); ma alla fine la carne di bovino adulto e quella di cavallo si equivalgono come valore biologico (la carne equina ha solo un maggior apporto di ferro, 3 g circa per ogni 100 g contro 1,8).
Gli sfilacci di cavallo
Una particolarità della carne di cavallo è la carne sfilata (o sfilacci di cavallo) nella zona di Saonara, Legnaro, Ponte San Nicolò (PD). Le fette sottili di carne di cavallo magra della coscia venivano tenute sotto sale per 15 giorni e affumicate lasciandole appese al camino per circa un mese. Una volta asciutte e dure si battevano con un martello e si sfilano in tanti piccoli tranci. E’ una prelibatezza molto ricercata che viene solitamente consumata insieme alla polenta o serviti semplicemente conditi con olio di oliva, succo di limone e pepe macinato fresco. Oppure, usando lo stesso condimento, possono essere serviti come antipasto sopra un crostino di pane.
Sempre nelle stesse province (Padova, Venezia Treviso e Rovigo) si produce anche la soppressa di cavallo: le carni equine scelte e magre vengono macinate finemente con il grasso di pancetta (30%), conciate con sale e pepe, insaccate nel budello cieco.
Lavorazione della carne di cavallo affumicata
Per la produzione di questo tipo di carne affumicata si usa la fesa, il girello o le parti anteriori del cavallo (in questo caso si ottiene una carne con un po’ di grasso). I tagli sopra menzionati vengono eseguiti in modo da ottenere dei pezzi di carne di circa 5 kg. Questi vengono accatastati in fusti di acciaio (ogni fusto contiene circa un quintale di carne) e aromatizzati con una salamoia secca, fatta con sale, aglio, ginepro, erbe aromatiche, spezie e conservanti (es. nitrati). Sopra il fusto viene posto un coperchio con dei pesi per la pressatura della carne, che rimane in salamoia alla temperatura di 4 °C per circa 25 giorni, in modo tale che acquisti aromaticità e sapore. Trascorso questo periodo la carne è pronta per l’affumicatura. I pezzi di carne ottenuti dalle parti anteriori del cavallo vengono arrotolati, insaccati e legati, mentre i pezzi delle parti posteriori vengono solamente legati e appesi nel forno per l’operazione di affumicatura a caldo, a una temperatura di circa 70 °C per un periodo di 15-16 ore. Il fumo si ottiene dalla combustione di segatura di legno duro e non resinoso (faggio). Dopo un breve riposo in locali a bassa temperatura (circa una settimana), la carne è pronta per il consumo, anche se i migliori risultati qualitativi si hanno con prodotti che hanno almeno un mese di stagionatura.
BIBLIOGRAFIA
Il Raccoglitore (1880) A. IV, ser. II, pgg. 105-106.
Il Raccoglitore (1865) serie II, A. III, p. 327-328.