Come servire e degustare la birra

Dissetarsi con una bevanda è una necessità della vita; gustare una bevanda è un piacere, un’emozione complessa, in cui elementi di ordine fisiologico e culturale si uniscono per creare un’esperienza unica. Imparare a gustare una birra è un percorso di apprendimento in cui bisogna prestare attenzione anche ai piccoli dettagli, a cominciare dal recipiente destinato al consumo.

Il bicchiere di vetro

La capacità del bicchiere deve essere sufficiente per contenere la birra e la sua schiuma: quest’ultima, infatti, protegge il liquido dal contatto diretto con l’aria e quindi dall’ossidazione. Le birre a bassa fermentazione, come le lager e le pils, non hanno profumi decisi e devono essere servite in un bicchiere stretto e slanciato, per ridurre al minimo il contatto con l’aria e la dispersione dell’aroma. Le birre ad alta fermentazione, come le ale, le trappiste e le stout, sviluppano invece aromi più decisi e richiedono bicchieri dai bordi leggermente svasati. I bicchieri a calice con gambo e quelli muniti di manico hanno inoltre il vantaggio di evitare di scaldare la birra con il calore delle dita. Prima di ogni utilizzo il bicchiere deve essere lavato con cura, evitando i detersivi sintetici, e sciacquato in acqua fredda per abbassarne la temperatura. Va tenuto sempre inclinato per evitare che, mentre si versa la bevanda, si sviluppi troppa schiuma.

Le tipologie

Il modo peggiore per degustare una birra è quello di berla direttamente dalla bottiglia – a parte il caso della messicana Corona Extra – perché la strozzatura del collo e l’improvviso scatenarsi di anidride carbonica impediscono l’apertura dell’aroma e la definizione del gusto. Bisogna dunque utilizzare un bicchiere, che abbia però una forma adeguata.
Un primo esempio è l’altglas, capace di esaltare le ambrate alt: cilindrico e sottile, non altera le caratteristiche della birra, trasmettendone inalterata la freschezza. Nelle degustazioni professionali di lager si impiega in genere il calice a tulipano di media capienza: la forma ristretta dell’imboccatura impedisce alla ricca schiuma di uscire. Un calice a tulipano grande e panciuto si adatta meglio ad ale aromatiche, strong ale, doppio malto, doppelbock e d’abbazia, dai profumi tostati. Il calice nella versione a chiudere è adatto alle pils. Il balloon, meno capiente e più aperto verso l’alto, esalta birre molto aromatiche, da meditazione, come le trappiste. Il flùte, stretto e slanciato, sarà invece l’ideale per le pils, particolarmente frizzanti. La pinta inglese (circa 56 cl) nasce per valorizzare le ale britanniche grazie all’allargamento sotto il bordo che limita la fuoriuscita di schiuma.
Per chi ama bere notevoli quantità di birra leggera, da gustare fredda, è invece consigliabile il classico boccale tedesco (mass), protagonista indiscusso dell’Oktoberfest: anche nei formati da un litro, infatti, la sua particolare conformazione consente di mantenere sufficientemente bassa la temperatura della bevanda per il tempo necessario a consumarla, mentre ha un effetto neutro sulla schiuma. Una variante è costituita dal tipico boccale britannico, più slanciato e leggero rispetto all’omonimo teutonico, ideale per le ale inglesi.

Come versare nel bicchiere

A caratterizzare la birra in fase di degustazione concorre la persistenza aromatica, cioè l’intervallo di tempo che consente di avvertire le sensazioni pervenute dai primi sorsi. Pertanto il servizio deve avvenire alla temperatura ottimale, caratteristica di ogni tipologia di birra.
Si raccomanda poi di versarla lentamente dalla bottiglia, dalla lattina o dall’erogatore alla spina tenendo leggermente inclinato il bicchiere fino a tre quarti della sua capienza, dopo di che si può velocizzare l’operazione, per far sviluppare una buona schiuma, facendo attenzione a non farla traboccare. Quindi bisogna porre attenzione all’esplosione di effervescenza che può essere più o meno cospicua: una buona birra non dovrebbe mostrare colonne di bollicine persistenti come nel caso dello champagne, dovute a un’eccessiva presenza di anidride carbonica.

Le caratteristiche organolettiche

Per iniziare a esaminare una birra, è importante sapere che è possibile distinguere due ordini di odori. I primi sono determinati dalle materie prime utilizzate, i secondi si sviluppano con la fermentazione primaria e la maturazione, con eventuali fermentazioni secondarie e, in alcuni casi, con l’invecchiamento in botte o in bottiglia.

Profumi e note aromatiche

L’ingrediente che caratterizza l’aroma della birra è il malto di base che, a seconda della materia prima utilizzata e del suo grado di tostatura, ha proprie caratteristiche di rotondità e dolcezza. Oltre al tradizionale malto d’orzo, infatti, possono essere impiegati quello di frumento, avena, segale e riso, da soli o miscelati. Le note di sapore più ricorrenti riguardano la crosta di pane, il biscotto, il caramello, il caffè tostato, la liquirizia.
Bisogna inoltre tener presente le proprietà aromatiche del luppolo, che, a seconda delle varietà, conferisce note secche e amare (erba fresca, fieno o foglie secche). Infine, anche il lievito utilizzato per la fermentazione può influire sul risultato finale, suggerendo note fresche e talvolta leggermente balsamiche.
Il processo della fermentazione e della maturazione aggiungono agli odori primari aromaticità molto complesse: per lager e pils, ad esempio, accanto ai sentori di orzo, si possono sviluppare note floreali e fruttate, con prevalenza di agrumi e mela verde, mentre per le weizen si riconoscono note di banana; per le ale inglesi si possono rintracciare sentori di prugna, mela cotogna, foglie di tè, resina o carruba; una doppelbock profumerà invece di cioccolato, liquirizia o frutta fresca; le birre trappiste o d’abbazia poi, con doppie e triple fermentazioni, regalano note di coriandolo, scorza di arancia, bergamotto, chiodi di garofano, cannella, vaniglia e noce moscata. Difficile da descrivere è invece la lambic, i cui particolari lieviti richiedono palati esperti per una corretta valutazione.

Come degustare

Degustare significa valutare la qualità della birra in termini sensoriali: la bevanda va osservata in trasparenza, accostata al naso per catturarne i profumi e assaggiata con calma valutandone il sapore. Come sempre, la pratica e l’esperienza, maturate magari sotto la guida di un esperto, consentiranno a ognuno di affinare la propria sensibilità. Prima di assaggiare una birra le si deve concedere un lasso di tempo per “riposare” dopo l’eventuale trasporto, se possibile in penombra, riponendola quindi in frigorifero o in cantina per farle raggiungere la temperatura ideale. L’aria della stanza deve essere priva di odori che pòssano alterare la percezione, mentre il “degustatore” è tenuto a sciacquarsi la bocca con acqua per neutralizzare i sapori e gli aromi dovuti a precedenti pasti o libagioni.

La valutazione del colore

Il primo passo da compiere per valutare esattamente una birra riguarda l’esame visivo. I parametri di riferimento sono il colore, la limpidezza e la spuma. Il colore è prevalentemente legato al grado di tostatura e la gamma di sfumature si rivela molto ampia, codificata a livello internazionale dallo Standard Reference Method (SRM). Si potrà osservare il giallo paglierino chiaro delle lager più diffuse (fino a 2,5 SRM), il biondo brillante delle pils (2,5-4 SRM) e delle weizen filtrate dai lieviti (3,5-5 SRM); o, ancora, ammirare l’ambrato tendente al dorato delle weizen non filtrate chiare, che presentano una leggera torbidità (3-10 SRM), seguito dall’ambrato con tonalità rossastre peculiare di alcune doppio malto che subiscono una speciale tostatura (12-30 SRM), fino al ramato di alcune pale ale (6-12 SRM). Quest’ultima tipologia offre un ventaglio di sfumature che va dall’ambrato-arancione delicato al marrone scuro. Birre trappiste e d’abbazia virano al bruno, e analoghi sono i colori delle doppelbock (12-30 SRM). Stout e porter, infine, hanno tonalità scure e profonde (35-70 SRM).
La limpidezza della birra dipende dalla tipologia: le pils sono luminose, mentre le weizen si presentano torbide a causa dei lieviti in sospensione.
La schiuma può essere scarsa ed evanescente (ale) o cremosa e compatta (stout), con colori che variano dal bianco latteo all’ambrato, fino al marrone per le birre ottenute da malti molto torrefatti (stout).

Le sensazioni olfattive

L’esame olfattivo regala un ampio spettro di sensazioni, rese possibili grazie ai recettori presenti nelle cavità nasali, che permettono di identificare molteplici aromi, classificati in genere con i termini luppolato, fruttato, maltato, erbaceo e floreale. Dal punto di vista della forza si adoperano invece aggettivi come intenso, leggero, tenue, persistente, molto persistente e sfuggente. Si può definire anche la qualità di un aroma come fine, molto fine, comune o grossolana. Esso può risultare tenue e svanire rapidamente (lager), essere penetrante, persistente e luppolato (pils), oppure fruttato e fresco (weizen), o ancora complesso ed equilibrato (ale).

Le sensazioni gustative

Il gusto peculiare che identifica le tante qualità di birra può regalare una gamma amplissima di sensazioni, la cui varietà dipende in primo luogo dalla sensibilità alle diverse tipologie, acquisita in genere con anni d’esperienza. Ma anche il profano è in.grado di distinguere una stout irlandese da una lager messicana.
Per chi consuma abitualmente questa bevanda senza prestare particolare attenzione alle sue caratteristiche aromatiche, il sapore predominante è l’amaro, più o meno intenso, dovuto al fiore di luppolo. Come per il colore, anche in questo caso è stata formalizzata una scala, International Bitterness Unit (IBU): l’amaro più intenso, ovvero quello delle pils, viene ad esempio valutato in 30-43 IBU, quello delle bitter ale in 25-30 IBU. Le lager contengono invece una quantità inferiore di luppolo, da cui un IBU piuttosto basso (8-15), mentre nelle bock (20-35 IBU) l’abbondanza del malto stempera gli altri sapori, combinandoli al suo gusto tendente quasi al dolce. In generale il gusto della birra può essere amarognolo, amaro, abboccato o amabile, con vari livelli di persistenza.
È poi importante sottolineare l’importanza del retrogusto, cioè di quella particolare sensazione che tende a interessare prima il naso e poi la bocca una volta deglutita la birra.

La temperatura

Talvolta non si tiene conto che per una degustazione ottimale ogni birra va sorseggiata alla propria temperatura di servizio. Nel caso sia troppo bassa, ne risentono ad esempio aromi e fragranze e le papille gustative perdono di sensibilità. Come indicazione di massima, la temperatura deve salire proporzionalmente a densità, corposità e alcolicità: le birre chiare e leggere (pils, lager, ice) o delicatamente aromatiche (weisse) vanno servite a 5-9 °C, le fruttate a 7-9 °C; si sale agli 8-10 °C per le bitter ale e le brown ale, che hanno bisogno di espandere il proprio bouquet, quindi ai 10 °C di una ale e agli 11 °C di una strong ale e di una doppelbock; per le birre d’abbazia sono indicati i 12 °C, ma oltre i 13°C è possibile degustare adeguatamente solo le barley wine, dal tenore alcolico elevato (sopo indicati 15,5-16 °C).
Un segnale che indica come la temperatura di servizio sia inadeguata viene fornito anche dalla schiuma: se è scarsa è il caso di attendere che la bevanda si scaldi un poco, in caso contrario occorrerà raffreddarla.

Articolo di Andrea Lughi

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